mercoledì 10 maggio 2017

PER NON DIMENTICARE – QUANDO LA BOSCHI DALL’ANNUNZIATA DISSE: “SE PERDO LASCIO LA POLITICA”

1. “BOSCHI COME CAPPELLO USA LE MUTANDE…” – “E POI SUVVIA: BOSCHI STA AL POSTO SUO: SOTTO…” : IN QUESTE ORE. NON SOLO DAL WEB, ANCHE DAI GIORNALONI, PIOGGIA DI INSULTI E DI CATTIVERIE SULLA TESTA DELLA EX FATINA DI LATERINA, ALTRO CHE IL “SESSISMO” INVOCATO CONTRO CHIUNQUE LE FACESSE UNA DOMANDA FUORI LUOGO QUANDO ERA IN AUGE – VIDEO
2. “CHI VIENE TROMBATA VIENE PREMIATA – SI SAREBBE DOVUTA NASCONDERE NEI CAVEAU DI BANCA ETRURIA – L’HO SEMPRE DETTO CHE RENZI ERA UN BURATTINO NELLE MANI DELLA BOSCHI – LA BOSCHI SOTTOSEGRETARIO È COME PROMUOVERE JACK LO SQUARTATORE A CAPO DI SCOTLAND YARD – AL PROSSIMO FLOP, LA BOSCHI LA FANNO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA”
3. TELESE: “MA SE A MARIA ELENA TOGLI LA SCORTA, I VOLI DI STATO, I VESTITI FIRMATI CONCESSI IN OMAGGIO PER FARLA DIVENTARE UNA INSTALLAZIONE PUBBLICITARIA, I TALK IN CUI SI SCEGLIE L’AVVERSARIO SE NO NON VA, A COSA DEVE TORNARE, LA POVERINA? A FARE LE FOTOCOPIE NELL’UFFICIO LEGALE DA CUI È PARTITA? A GESTIRE LE AZIONI DI BANCA ETRURIA DEL PAPÀ?”



QUANDO LA BOSCHI DISSE "SE PERDO MI DIMETTO" di bigcocomero

LA BOSCHI L’ HA SPUNTATA, MA DA OGGI SONO GUAI

Luca Telese per la Verità

Fino a ieri era un simbolo, da domani sarà un bersaglio. Ha pianto, gridato, strepitato telefonato: alla fine l’ha avuta vinta. Maria Elena Boschi sarà di nuovo nel governo, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con più poteri di prima, come se nulla fosse, di nuovo a Palazzo Chigi come se 20 milioni di italiani non le avessero detto di No, spinti – anche – dal piacevole incentivo di mandarla a casa.

 Maria Elena l’ ha avuta vinta con l’ aiuto delle lacrime e con il ricatto (politico), e forse era persino giusto così: se un intero governo finge che nulla sia accaduto, perché non avrebbe dovuto avere il diritto di far finta pure lei? Vista oggi, in questa sua vertigine di paura, angosciata dall’ horror vacui come una bimba che non può restare senza il giocattolo, Maria Elena Boschi fa addirittura tenerezza.



Se Matteo Renzi ci aveva raccontato che avrebbe lasciato la politica in caso di sconfitta (lo ha ripetuto quattordici diverse volte), e invece oggi è impegnato a organizzare un congresso straordinario del suo partito (e una campagna da premier), perché avrebbero dovuto costringere proprio lei a sacrificarsi?

Maria Elena Boschi, detta Meb, detta Maria Etruria (copyright Dagospia) è una 35enne viziata, di buona famiglia, cresciuta da piccola possidente nel cuore della provincia italiana (così saggia da far vincere il No, in quel di Laterina, il suo paese), e si è improvvisamente ritrovata lanciata sulla ribalta nazionale, con un ruolo da primattrice. Da Madonna vivente del presepe di Laterina a madrina Costituente della Nuova Italia, perché mai avrebbe dovuto pagare solo lei?



L’ avevamo lasciata, prima del voto, avvolta nel suo bellissimo vestito di raso sagomato a foggia di pavone, di Emilio Pucci, uno straccetto da 2.500 euro che la fa sciava in un sorriso ignaro della catastrofe, la sera del teatro San Carlo di Napoli. E durante la lunga campagna referendaria l’ avevamo vista inveire contro una italo svizzera a Zurigo (“Signora! Io sono abituata a confrontarmi con i segretari di partito!”), ripudiare le sue scarpe «giaguarate», di quando era amabilmente tamarra, da Corrado Formi gli (“Non voglio essere giudicata per come mi vesto, voglio essere giudicata per quello che faccio come ministro!”).



L’ avevamo vista insultare e irridere costituzionalisti di chiara fama (“i professoroni!”) fare gaffes rivelando strategie comunicative sugli italiani all’ estero (“Ragazzi! Avete ricevuto la lettera di Renzi?”). Ma se il suo presidente del Consiglio, nei momenti più importanti della sua vita si dedica all’ alta attività della playstation, perché mai proprio lei dovrebbe immaginare di aver perso qualcosa di più di una vita da videogame?

Lo spettacolo del renzismo che abbiamo davanti agli occhi, per chi è (o è stato) padre, rappresenta in modo sublime tutti gli istinti primari degli adolescenti che popolano le nostre case, quelli che ti giurano di rispettare le regole, e che poi puntualmente si allargano e puntano a fregarti. Non sono cattivi, proprio come Meb: è più forte di loro. Ma se lo fanno tutti, nella generazione Happy days del Pd, perché proprio a lei avremmo dovuto togliere la paghetta dell’ ego?

Uno dei vantaggi della cosiddetta Prima repubblica è che – arrivando al soglio ministeriale dopo una dura gavetta – i politici avevano luoghi e mondo reali a cui tornare dopo le loro sconfitte.



Ma se a Maria Elena togli la scorta, i voli di Stato, le sale convegni, i vestiti firmati concessi in omaggio per farla diventare una installazione pubblicitaria, i talk show in cui si sceglie l’ avversario se no non va, a cosa deve tornare, la poverina? A fare le fotocopie nell’ufficio legale da cui è partita? A gestire le azioni del papà che si alzava presto la mattina?

Eppure in queste ore Maria Elena, con i suoi discorsetti imparati a memoria, con le parabole da libro cuore sul papà che andava scuola a piedi (prima di incontrarsi con Flavio Carboni per chiedere consiglio sulla banca), è un piccolo saggio sull’infingardìa nei partitelli totalitari: è orribile, infatti, la pioggia di insulti e di cattiverie che sono piovuti dagli ex compagni e adoratori sulla sua testa, in queste ore. Altro che il «sessismo» invocato contro chiunque le facesse una domanda fuori luogo quando era in auge.



Uno dei meccanismi di sicurezza interni del renzismo è stato quello di indicare la ragazza di paese come la reproba, la responsabile di ogni nefandezza, il capo espiatorio che avrebbe snaturato e danneggiato una battaglia vincente con il suo eccesso di zelo e i suoi errori da sovraesposizione.

E dire che i suoi due biografi, Alberto Ferrarese e Silvia Ognibene, avevano titolato il tomo a lei dedicato (128 pagine perché c’era poca materia) Una tosta, nei giorni in cui si parlava di lei come un possibile successore di Renzi, come la tenutaria di una corrente emergente nel Pd, come un astro nascente della politica italiana.

Adesso Maria Elena resta perché ha fatto valere un lineare ragionamento: «Se il 40% del Sì è una vittoria, perché mai dovrei pagare proprio io, che quei voti li ho raccolto uno ad uno?». Ed infatti quei 20 punti di distacco, nel bene o nel male, sono merito o demerito suo. Restando a bordo del nuovo governo, però, la ministra meno amata dagli italiani non porta una testimonianza del passato, ma si ritrova a ipotecare una ipotesi di futuro. Il problema è tutto in questo peso simbolico.



Lei è lì a ricordare ai 20 milioni di italiani che le hanno votato contro che il governo -fotocopia di Paolo Gentiloni è un trucco, un arrocco scacchistico, un esercizio di stile. È profondamente sbagliato addossarle la sconfitta di ieri, considerandola la madrina del 4 dicembre: lo sarà di quella di domani, semmai.

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