giovedì 16 marzo 2017

GLI ASSURDI PRIVILEGI SULLE PENSIONI PER I PARENTI DEI PARLAMENTARI - DIFFONDIAMO QUESTA VERGOGNA

+++ GLI ASSURDI PRIVILEGI SULLE PENSIONI PER I PARENTI DEI PARLAMENTARI - DIFFONDIAMO QUESTA VERGOGNA +++
Non bastava la pensione privilegiata per i parlamentari a 65 anni dopo soli 4 anni e 6 mesi di legislatura. Ecco di quali assurdi vantaggi godono i parenti dei deputati sulla pensione di reversibilità: può riceverla qualsiasi fratello a carico, anche se in perfetta forma e con un lavoro (i comuni cittadini possono lasciarla solo ad un fratello disabile), i genitori ereditano la pensione a qualsiasi età (gli altri solo se hanno più di 65 anni e sono privi di pensione) e a tutti loro basta una semplice lettera di autocertificazione per iniziare ad incassare. Diffondiamo questa vergogna!




Il vitalizio del parlamentare è una rendita concessa al termine del mandato parlamentare e che si protrae "vita natural durante", al conseguimento di alcuni requisiti di anzianità di permanenza nelle funzioni elettive. In alcuni ordinamenti (Italia) esso è previsto anche per chi è stato titolare di un mandato rappresentativo nell'ambito di assemblee non statali, presso le quali si svolga una funzione legislativa e non meramente amministrativa (Regioni, Land, ecc.).

Malgrado l'affinità di effetto, il vitalizio parlamentare è giuridicamente distinto dall'istituto della pensione propriamente detta per fonte e perché l'attività politica non è lavorativa, dunque non ricadente nella disciplina del diritto del lavoro (che costitutivamente ha diversa giurisdizione). In particolare, malgrado i relativi emolumenti siano provveduti dall'erario pubblico, il mandato elettivo è in genere distinto dalla figura del rapporto di pubblico impiego ed è in genere sottratto alle normazioni sulla pubblica amministrazione. Singoli ordinamenti possono però prevedere commistioni, confusioni e altre variazioni di disciplina, rispetto al principio di netta distinzione tra le due figure giuridiche.

In Italia[modifica | modifica wikitesto]
L'erogazione di un trattamento economico vitalizio, alla cessazione della carica e comunque al superamento di una soglia di età anagrafica, è un istituto che nell'ordinamento italiano è riservato ai deputati, ai senatori e ai consiglieri regionali.

Gli emolumenti per i parlamentari, previsti dall'articolo 69 della Costituzione italiana, si limitano all'indennità ed alla diaria, ed attengono esclusivamente ai titolari in carica. La disciplina interna alle Camere ha arricchito in autodichìa[15] tali emolumenti, sia integrando i requisiti di legge[16] sia aggiungendovi una più vasta serie di competenze, che sono destinate ai parlamentari cessati dalla carica. Al contrario, per i consiglieri regionali la disciplina di norma riposa su apposite leggi regionali.

Fino al 2012 questi emolumenti erano inquadrati sotto forma di accensione di una rendita vitalizia (o vitalizio propriamente detto), parzialmente alimentata da un prelievo sull'indennità del periodo di esercizio della carica; per essere erogata, occorreva superare una soglia di età che, a partire dalle modifiche a firma Marini e Bertinotti, è stata progressivamente elevata.

Il riscatto del periodo mancante alla durata piena della legislatura
Una peculiarità dei vitalizi era la possibilità che fossero accordati previo riscatto del periodo mancante alla durata piena della legislatura (5 anni)[17]: si tratta di una possibilità che valeva sia per coloro che avessero iniziato la legislatura e non avessero completato il quinquennio per la fine anticipata della legislatura, sia per il parlamentare subentrante in corso di legislatura. In ambedue i casi era consentito di riscattare il periodo non svolto, mediante appositi versamenti a valere sulle proprie competenze future[18].
Lo scandalo emerse dopo la pubblicazione del libro La Casta, che aveva denunciato i casi in cui il vitalizio era stato erogato a chi avesse fatto solo pochi giorni in Parlamento: si trovarono oggetto di critica sia le Presidenze si erano trovate a convocare le Camere per disporre il subentro (ad un deceduto a Camere sciolte o, in un caso, addirittura ad elezioni già avvenute)[19], sia i partiti che seguivano la regola interna delle dimissioni dei loro parlamentari "a rotazione" in corso di mandato[20]. Con una prima decisione di restringimento della facoltà di riscatto, le presidenze di Marini e Bertinotti avevano eliminato la possibilità del riscatto[21] per chi non avesse compiuto almeno due anni e sei mesi di legislatura[22].
Successivamente, con l'introduzione del sistema contributivo ad opera delle presidenze Schifani e Fini, la possibilità di riscattare i periodi mancanti al compimento della piena legislatura è stata rimossa del tutto[23], fatta salva la facoltà di ricongiungimento dei periodi in caso di rielezione.
La compressione o eliminazione della facoltà di riscatto avrebbe comportato, in alcune scadenze politiche importanti[24], la nascita di un vero e proprio "partito del vitalizio"[25], che nel vecchio regime non esisteva o almeno non influenzava le iniziative politiche volte allo scioglimento anticipato delle Camere[26].
Sull'equiparazione di questo tipo di rendita[27] con un trattamento previdenziale[28] sono state avanzate riserve[29], tanto più che il giudice delle pensioni si va dichiarando incompetente a conoscere del relativo contenzioso[30].

Il problema ha assunto dimensioni diverse dopo l'intervento normativo avvenuto nel 2012 a firme Fini e Schifani:

per i vitalizi in essere, si è introdotto il metodo di calcolo contributivo. In questa occasione il Regolamento per gli assegni vitalizi delle due Camere è stato abrogato ex nunc e, per i parlamentari in carica alla data del 1º gennaio 2012, si è applicato un sistema pro rata: la loro pensione risulta dalla somma della quota di assegno vitalizio definitivamente maturato, al 31 dicembre 2011, e della quota di pensione riferita agli anni di mandato parlamentare esercitato dal 2012 in poi.
per i parlamentari in carica nel 2012, il diritto al trattamento pensionistico, da quell'anno, si matura al conseguimento di un duplice requisito, anagrafico e contributivo: l'ex parlamentare ha infatti diritto a ricevere la pensione a condizione di avere svolto il mandato parlamentare per almeno 5 anni[31] e di aver compiuto 65 anni di età. Per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni;
per gli eletti per la prima volta nel 2013, il trattamento previdenziale viene esclusivamente inquadrato nella figura giuridica della pensione del parlamentare, tanto è vero che è regolato da appositi Regolamenti delle pensioni dei senatori e dei deputati, approvati dai rispettivi uffici di Presidenza il 31 gennaio 2012[32]. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha in proposito dichiarato: «I vitalizi li abbiamo già aboliti»[33].
Ambedue gli emolumenti (vitalizi pre-2012 e pensioni post-2012), comunque, sono assoggettati al contributo di solidarietà introdotto dal governo Letta, anche se le richieste per un'ulteriore tassazione (o addirittura salary cap) tendono a circoscriverne gli effetti in modo da non coinvolgere la generalità dei pensionati[34].

Riduzione dei vitalizi, contenzioso e richieste di restituzione del capitale[modifica | modifica wikitesto]
Dopo alcune decisioni autonomamente assunte dalle Camere (XV legislatura)[35] e da taluni Consigli regionali (2010-2012) per i nuovi eletti[36], il Governo Monti ha con decreto-legge prescritto alcune misure di riduzione per tutti i titolari, anche quelli di trattamenti in essere.

In conseguenza di ciò, sono state avanzati ricorsi giurisdizionali di titolari di vitalizio in varie Regioni[37].

Dopo un'apposita deliberazione della conferenza dei presidenti di consiglio regionale[38], la norma Monti ha ricevuto attuazione con leggi regionali pressoché ovunque, nelle venti regioni[39]. Tra gli altri[40], il Consiglio Regionale del Trentino-Alto Adige ha deliberato la riduzione dei vitalizi dei consiglieri regionali[41][42][43].

La concomitante decisione dei consigli regionali, che hanno inciso sul quantum dei vitalizi dei loro ex componenti, ha dato occasione di parimenti definire di "natura non previdenziale" i vitalizi dei consiglieri regionali: lo ha statuito Corte conti sez. Lombardia 24 giugno 2015, n. 117, che ha perciò rinviato i relativi ricorsi al giudice ordinario. Nel caso dei parlamentari, però, si sostiene che l'autodichia comporterebbe l'assenza di una qualsiasi sede giurisdizionale, dotata di terzietà, cui ricorrere[44] per lamentare illegittimità nella trattazione del rapporto o nella gestione/erogazione dell'emolumento[45].

Altra reazione dei soggetti incisi è stata quella di avanzare - secondo una possibilità espressamente contemplata in varie leggi regionali[46] - richieste di restituzione delle somme accantonate, ad esempio da parte degli eletti ancora non titolari[47] o di quelli che per un qualche motivo[48] diverso dalla pena interdittiva non ricevono più il vitalizio[49].

Il regime di cumulo dei vitalizi[modifica | modifica wikitesto]
Trattandosi di gestioni separate (ad eccezione di quella delle due Camere, che per una intesa reciproca pone in capo all'ultima l'onere dell'erogazione del complesso del vitalizio di tutti i periodi trascorsi da parlamentare), nel caso in cui il beneficiario abbia svolto l'attività politica presso più organi costituzionali, ha il diritto a percepire altrettanti vitalizi.

Perciò, nel caso di mandato di parlamentare che sia stato nella vita anche al Parlamento Europeo ed in un consiglio regionale, si possono cumulare anche tre vitalizi.[50]. Ad essi si aggiunge, ovviamente, il rapporto previdenziale di cui si è già autonomamente titolare in ragione del proprio originario rapporto di lavoro, pubblico o privato[51].

A fine XV legislatura in Parlamento fu introdotto un regime di sospensione del vitalizio per gli ex parlamentari titolari di altre cariche pubbliche vitaliziate (es. componente del CSM). I regolamenti delle pensioni dei senatori e dei deputati, approvati nel 2012, hanno ulteriormente precisato che la sospensione del pagamento della pensione opera qualora l'ex Senatore o ex Deputato sia rieletto al Parlamento nazionale ovvero sia eletto al Parlamento europeo o ad un Consiglio regionale. Tale sospensione si applica altresì a tutti gli incarichi incompatibili con lo status di parlamentare - inclusi gli incarichi di Governo, in altri organi costituzionali[52], nelle Giunte regionali nonché le cariche elettive negli enti territoriali incompatibili con il mandato parlamentare - purché comportino un'indennità pari almeno al 50 per cento dell'indennità parlamentare lorda.

Nel 2015 in Toscana è stata per la prima volta proposta una legge regionale di revoca del vitalizio per chi versa in regime di cumulo[53]. Il cumulo è invece ancora possibile in Calabria, per i titolari di vitalizi regionali maturati prima della sua abrogazione[54].

Critiche alla tesi dell'intangibilità dei vitalizi[modifica | modifica wikitesto]
Ancora irrisolto, il carattere previdenziale o meno del vitalizio inciderebbe sulla soluzione del problema del se e come sia possibile comprimerne l'ammontare. In realtà ambedue le configurazioni conducono alla risposta affermativa, visto che, come tutte le prestazioni degli enti pubblici, esse sono soggette a norme di diritto pubblico. Il modo in cui però queste norme si relazionano con il diritto privato (con l'assunzione tra le parti di obblighi contrattuali) muta, a seconda delle due configurazioni, e quindi si addiviene alla compressione con percorsi diversi.

Natura di beneficio[modifica | modifica wikitesto]
Si è sostenuto che l'attribuzione del vitalizio è frutto di una concessione dell'organo costituzionale[55], liberamente revocabile (o assoggettabile a nuove condizioni, come ad esempio la mancanza di condanne penali in capo al beneficiario)[56].

Per converso, vi è chi sostiene che - anche se costruito sotto forma di contratto civilistico con un ente pubblico, accettato con l'iscrizione obbligatoria al fondo ovvero al momento della prima trattenuta sull'indennità - il vitalizio segua le vicende del rapporto consensuale di diritto privato, a meno che non subentri una norma imperativa di legge: pertanto si dovrebbe fare ricorso alla legge, ai sensi dell'articolo 23 della Costituzione, per ogni misura che comprima diritti[57] nascenti da quel contratto.

La prima delle due posizioni è stata confermata[58] dalla decisione assunta a maggioranza[59] dagli Uffici di Presidenza delle camere nella decisione del maggio 2015 di revoca dei vitalizi per i condannati[60].

Alla seconda posizione tenderebbe l'ipotesi di un taglio degli emolumenti erogati agli ex parlamentari, evocata - sia nella fase di preparazione della legge di stabilità per il 2016[61], sia successivamente[62] - dal presidente dell'INPS Tito Boeri[63], nonché il disegno di legge sul ricalcolo secondo il metodo contributivo proposto dal deputato Richetti[64] e tutti gli altri in discussione alla competente Commissione della Camera dei deputati[65].

Natura di pensione[modifica | modifica wikitesto]
Se si accede alla sua configurazione "previdenziale"[66] il carattere distintivo del vitalizio, rispetto alle altre pensioni a carico dello Stato, è che arriva a restituire da 5 volte[67] fino a 7 volte[68] i contributi previdenziali ad esso correlati, ossia versati dal beneficiario o dall'ente statale[69]; la media nel 2016, secondo Tito Boeri, sarebbe di 2 volte il versato[70].

Un tale istituto previdenziale andrebbe fatto quindi rientrare nel primo pilastro della previdenza: gli squilibri finanziari dei fondi, che gestiscono tali erogazioni, sono integrati per la quasi totalità attingendo al bilancio[71] dell'organo costituzionale che eroga tali prestazioni[72].

Anche così, la volontà di non modificare le situazioni passate deriverebbe da precise scelte politiche, e non da norme costituzionali o di altro livello: a tutela di eventuali diritti acquisiti non esistono tali salvaguardie, né in campo previdenziale, né tanto meno nelle prestazioni similari[73]. Ciò è in linea con quanto previsto nella teoria costituzionale nel diritto della previdenza sociale, secondo cui le prestazioni previdenziali sono un servizio pubblico e lo Stato può rivedere in ogni momento i livelli dei servizi che intende fornire al cittadino, così come, per esigenze di bilancio si possono ridurre ad esempio, le prestazioni sanitarie, la scuola, l'università, la sicurezza o bloccare gli aumenti degli stipendi ai dipendenti pubblici[74]. Non restano quindi ambiti esenti dall'operatività del principio di comprimibilità per legge dei trattamenti previdenziali, nel rispetto dei principi costituzionali.

La Corte di cassazione a sezioni unite ha definitivamente sbaragliato la tesi della natura di pensione del vitalizio[75], affermando che "va esclusa la natura pensionistica dell’assegno in questione, avendo esso una diversità di finalità e di regime rispetto alle pensioni"[76], sia pur in presenza di caratteristiche della prestazione lato sensu previdenziali[77].

Rinuncia[modifica | modifica wikitesto]
In Italia l'unico parlamentare che rifiutò il vitalizio fu il missino Enrico Endrich. Eletto una prima volta nelle liste del Movimento Sociale Italiano nel 1953 si dimise nel 1955 per protesta contro l'approvazione della legge che istituiva il vitalizio per i parlamentari[78], mettendo in opera così l'unico modo possibile per non percepire il vitalizio, cioè rinunciare alla carica elettiva prima del completamento della legislatura[79]. Fu eletto nuovamente alle elezioni politiche del 1972 al Senato "ci rimase dal 1972 al 1976. La legislatura fu completa e dunque il vitalizio, alla fine, se lo guadagnò. E questa volta, senza rinunciare all'assegno e senza dimissioni"[80]. Ciononostante pur avendone maturato il diritto al vitalizio rinunciò a riscuoterlo e dopo la sua morte analogo atteggiamento mantenne la moglie rifiutando la reversibilità[81][82].

Contro l'irrinunciabilità del vitalizio si è espresso l'ex deputato Gerry Scotti, che ha pubblicamente annunciato la difficoltà in cui versa, nel sormontare gli ostacoli alla rinuncia al proprio vitalizio, quando verrà a maturazione al 65esimo anno di vita: si è dovuto rivolgere al Presidente del consiglio Matteo Renzi, che ha pubblicamente[83] promesso il suo impegno per rendere rinunciabile il vitalizio.

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